Il “salto quantico” del cybercrime: danni per 500 mld nel 2017
Negli ultimi sette anni il numero di offensive informatiche è aumentato del 240%. Nel corso del 2017 sono stati registrati oltre 1.120 attacchi gravi, oltre 180 miliardi di dollari di costi per gli utenti. L’anticipazione del rapporto Clusit 2018
Il cybercrime ha compiuto un “salto quantico” nel 2017, colpendo oltre un miliardo di persone in tutto il mondo e generando danni complessivi per 500 miliardi di dollari con oltre 1.120 attacchi gravi. Dal 2011 a oggi, il volume delle offensive è cresciuto del 240% con un aumento del 7% nel corso degli ultimi 12 mesi. E a preoccupare è soprattutto il “cambiamento di fase” nel livello di cyber-insicurezza globale, con interferenze pesanti nella geopolitica, nella finanza e nella vita dei privati cittadini che sono stati vittime di crimini estorsivi su larghissima scala.
Non ci vuole molto a definire allarmante come mai è stato prima il rapporto 2018 del Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica che annovera tra i soci oltre 500 aziende e organizzazioni e che collabora a livello nazionale con ministeri, authority, istituzioni, Polizia Postale e altri organismi di controllo. L’avanzata qualitativa e quantitativa del crimine informatico non è certo una novità, ma siamo sempre più in presenza di un fenomeno dagli impatti devastanti. Lo scorso anno l’insieme di truffe, estorsioni, furti di denaro e di dati personali ha colpito circa un miliardo di persone sparse nel mondo, causando ai singoli utenti una perdita stimata in 180 miliardi di dollari (il 36% dei danni totali).
«Il 2017 è stato l’anno del trionfo del malware, degli attacchi industrializzati realizzati su scala planetaria contro bersagli multipli e della definitiva discesa in campo degli Stati come attori di minaccia – sintetizza Andrea Zapparoli Manzoni, membro del Comitato Direttivo Clusit - La situazione che emerge dalla nostra analisi è molto preoccupante, perché questo scenario prefigura concretamente l’eventualità di attacchi con impatti sistemici molto gravi». Il rapporto, che sarà presentato al pubblico il prossimo 13 marzo in apertura della decima edizione di Security Summit, piazza il cybercrime vero e proprio, cioè quello finalizzato a sottrarre informazioni, denaro, o entrambi, in cima alla classifica degli attacchi gravi a livello mondiale (76% degli attacchi complessivi, in crescita del 14% rispetto al 2016).
Non va meglio sugli altri fronti. Sono infatti in netto aumento rispetto allo scorso anno gli attacchi sferrati con finalità di “information warfare”, la cosiddetta guerra delle informazioni che segna un aumento del 24%, e lo spionaggio cyber, con finalità geopolitiche o di tipo industriale a cui va tra l’altro ricondotto il furto di proprietà intellettuale, che cresce del 46%. Ed è qui che si nascondono i problemi maggiori in ottica futura. «Pur essendo ancora la prima causa di attacco a livello globale e rappresentando un problema enorme, il cybercrime è diventato ormai l’ultimo dei nostri problemi in ambito cibernetico dal punto di vista della sua pericolosità intrinseca – sottolinea Manzoni - Oggi ci troviamo infatti a fronteggiare problemi ben peggiori». Una novità emersa dalla nuova edizione del rapporto riguarda la tipologia e la distribuzione delle vittime, con la categoria degli “obiettivi multipli” che risulta la più colpita: rispetto al 2016 si evidenzia un incremento a tre cifre, pari al 353%, a conferma del fatto che nessuno può ritenersi escluso dall’essere un obiettivo e che gli attaccanti sono sempre più aggressivi.
Dal punto di vista strettamente settoriale, si segnala la crescita degli attacchi nei settori Research / Education (+29%), Software / Hardware Vendors (+21%), Banking & Finance (+11%) e Healthcare (+10%). Mentre scendendo nel dettaglio relativo al nostro Paese, si stimano in Italia danni da attività di cyber crimine per quasi 10 miliardi di euro. Un valore dieci volte superiore a quello degli attuali investimenti in sicurezza informatica, che arrivano oggi a sfiorare il miliardo di euro. «Gli investimenti in sicurezza informatica nel nostro Paese sono ancora largamente insufficienti e ciò rischia di erodere i benefici attesi dal processo di digitalizzazione della nostra società. Alla vigilia delle elezioni – mette in luce Manzoni - riscontriamo che il dibattito politico in Italia sta dando risposte inadeguate al tema della sicurezza cyber, fondamentale per lo sviluppo e il benessere dei suoi cittadini, nonché per la credibilità e la competitività del nostro Paese sul piano internazionale». In questo scenario si inquadra il filo rosso dell’anno in corso: il nuovo regolamento europeo per la protezione dei dati personali (Gdpr). La compliance, concludono gli esperti, richiederà necessariamente un approccio multidisciplinare in tema di sicurezza delle informazioni, uno dei princìpi a cui il trattamento dei dati personali deve attenersi.
Non ci vuole molto a definire allarmante come mai è stato prima il rapporto 2018 del Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica che annovera tra i soci oltre 500 aziende e organizzazioni e che collabora a livello nazionale con ministeri, authority, istituzioni, Polizia Postale e altri organismi di controllo. L’avanzata qualitativa e quantitativa del crimine informatico non è certo una novità, ma siamo sempre più in presenza di un fenomeno dagli impatti devastanti. Lo scorso anno l’insieme di truffe, estorsioni, furti di denaro e di dati personali ha colpito circa un miliardo di persone sparse nel mondo, causando ai singoli utenti una perdita stimata in 180 miliardi di dollari (il 36% dei danni totali).
«Il 2017 è stato l’anno del trionfo del malware, degli attacchi industrializzati realizzati su scala planetaria contro bersagli multipli e della definitiva discesa in campo degli Stati come attori di minaccia – sintetizza Andrea Zapparoli Manzoni, membro del Comitato Direttivo Clusit - La situazione che emerge dalla nostra analisi è molto preoccupante, perché questo scenario prefigura concretamente l’eventualità di attacchi con impatti sistemici molto gravi». Il rapporto, che sarà presentato al pubblico il prossimo 13 marzo in apertura della decima edizione di Security Summit, piazza il cybercrime vero e proprio, cioè quello finalizzato a sottrarre informazioni, denaro, o entrambi, in cima alla classifica degli attacchi gravi a livello mondiale (76% degli attacchi complessivi, in crescita del 14% rispetto al 2016).
Non va meglio sugli altri fronti. Sono infatti in netto aumento rispetto allo scorso anno gli attacchi sferrati con finalità di “information warfare”, la cosiddetta guerra delle informazioni che segna un aumento del 24%, e lo spionaggio cyber, con finalità geopolitiche o di tipo industriale a cui va tra l’altro ricondotto il furto di proprietà intellettuale, che cresce del 46%. Ed è qui che si nascondono i problemi maggiori in ottica futura. «Pur essendo ancora la prima causa di attacco a livello globale e rappresentando un problema enorme, il cybercrime è diventato ormai l’ultimo dei nostri problemi in ambito cibernetico dal punto di vista della sua pericolosità intrinseca – sottolinea Manzoni - Oggi ci troviamo infatti a fronteggiare problemi ben peggiori». Una novità emersa dalla nuova edizione del rapporto riguarda la tipologia e la distribuzione delle vittime, con la categoria degli “obiettivi multipli” che risulta la più colpita: rispetto al 2016 si evidenzia un incremento a tre cifre, pari al 353%, a conferma del fatto che nessuno può ritenersi escluso dall’essere un obiettivo e che gli attaccanti sono sempre più aggressivi.
Dal punto di vista strettamente settoriale, si segnala la crescita degli attacchi nei settori Research / Education (+29%), Software / Hardware Vendors (+21%), Banking & Finance (+11%) e Healthcare (+10%). Mentre scendendo nel dettaglio relativo al nostro Paese, si stimano in Italia danni da attività di cyber crimine per quasi 10 miliardi di euro. Un valore dieci volte superiore a quello degli attuali investimenti in sicurezza informatica, che arrivano oggi a sfiorare il miliardo di euro. «Gli investimenti in sicurezza informatica nel nostro Paese sono ancora largamente insufficienti e ciò rischia di erodere i benefici attesi dal processo di digitalizzazione della nostra società. Alla vigilia delle elezioni – mette in luce Manzoni - riscontriamo che il dibattito politico in Italia sta dando risposte inadeguate al tema della sicurezza cyber, fondamentale per lo sviluppo e il benessere dei suoi cittadini, nonché per la credibilità e la competitività del nostro Paese sul piano internazionale». In questo scenario si inquadra il filo rosso dell’anno in corso: il nuovo regolamento europeo per la protezione dei dati personali (Gdpr). La compliance, concludono gli esperti, richiederà necessariamente un approccio multidisciplinare in tema di sicurezza delle informazioni, uno dei princìpi a cui il trattamento dei dati personali deve attenersi.
(da Repubblica 28 febbraio 2018)
Io farei un appunto però, la sicurezza è data da strumenti validi di controllo, uno Stato può dare uno strumento valido per dare più sicurezza, ho dei forti dubbi, solo il settore privato può farlo a discapito della libertà dei cittadini. Ed in questo credo che Microsoft, Google e Apple sono già esperti, in quanto limitatori delle libertà in nome dell'uso dei loro prodotti, la sanno lunga... però loro sono le prime vittime, dato che tutti gli attacchi informatici passano bene o male attraverso falle dei loro Sistemi Operativi.
Cosa può fare lo Stato contro il cyber crimine, quasi nulla, se non combatterlo come fa già ora, come una qualsiasi organizzazione criminale. Si può prevenire un cyber-attacco, solo studiando i lavori degli hacker, con lo stesso sistema che credo si usi per scoprire attacchi terroristici prima che avvengano. Quante possibilità? pochissime.
Le truffe sono sempre esistite, che siano le tre carte o le cyber frodi non cambia molto.
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